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L’innamorata (di Contessa Lara)

4 Dic
L'innamorata

EUR 1,00

Senza esser troppo alta, ella si slanciava arditamente con tutta la persona diritta sulla groppa del cavallo: il gonnellino leggero di veli, che le serrava la vita, lasciava ignude le belle braccia di un bruno dorato, svelte e rotonde come l’anse di un’anfora antica. La capigliatura disciolta le si svolgeva come un tenebroso torrente fin sulle caviglie dei piedi piccoli e mobili, calzati di scarpine rosee che si agitavano fra l’abbondante criniera del cavallo, come due farfalle sull’erba. In mano teneva, invece del frustino, un ventaglio.

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Il più noto romanzo di Evelina Cattermole (poetessa, scrittrice, giornalista), alias Contessa Lara, tra le più intriganti donne letterate di fine Ottocento. Ritratto della media borghesia italiana dell’epoca segnato da una penna sensibile e irrequieta, L’innamorata è la storia di una donna assolutamente devota al suo amante eppure del tutto protagonista della propria vita. A distanza di più di centoquarant’anni, il romanzo è qui riproposto e ampliato con alcune note per una migliore comprensione dei termini e dei costumi dell’epoca.
Nella celebre Storia della letteratura italiana di Cecchi e Sapegno si dice di lei: «… questa poetessa meritevole di una certa rivalutazione, raggiunge un’individualità stilistica non comune, quando colloca sullo sfondo decorativo degli interni esoticizzanti la nuda semplicità di poche parole d’amore, ricalcate sul gergo dei romanzi passionali, ma gonfie ‒ appunto perciò ‒ di una audace, elementare sensualità».
E si chiede Aldo Grasso: «Chi era Lara? Una contessa del bric-à-brac erotizzante per signore bene del tempo, un’eroina della nuova libertà femminile gratificata da amanti prestigiosi o la sventurata prigioniera di una scrittura che, a volte, si intreccia spudoratamente alla vita?».

Piccola preghiera

20 Apr

Crocipetto

Non c’è alcuna differenza fra me e il crocifisso che porti al collo e ti rimbalza fra le tette. Bruciamo la stessa passione, inermi e partecipi di una volontà più forte che ci trascina a te e alla quale non ci opponiamo anzi lieti ci apprestiamo al tuo petto, con entusiasmo ed evasione. Porta d’oriente, da sotto il tuo collo colgo l’affanno quando sospiri. Come il crocifisso che porti al collo mi stendo tutto su di te, mi sbraco mi denudo e grido di passione.

Oggi fai altro e ci hai lasciato sul patibolo in attesa del tuo nuovo odore. Ti giuro, il tuo petto, non c’è posto migliore per lasciarsi andare…

Washed..dried

11 Giu

A volte vorrei spingere il mio amore più a fondo, specie quando ti sogno Venere Anadiomene dopo la doccia, glabra e

Dopo il bagno, donna che si asciuga, Edgar Degas (ca 1886)

Dopo il bagno, donna che si asciuga, Edgar Degas (ca 1886)

pulita mentre asciughi vulva e capelli con l’aria calda. Prendersi cura di ogni altro tuo luogo, renderlo pulito e accogliente, profumato e fresco, morbida pelle dopo il bagno.

Se ti volti non sorridermi, non m’invitare ancora a un banchetto a cui vorrei sedere ma sedere non posso. Che c’entro io in tutto questo? Frine stordì l’areopago col suo corpo, piegò il diritto. Tu, curva e allegra mentre asciughi i capelli non ti accorgi di cambiare il mondo. Non noti che hai fermato il tempo solo col tuo passo?

Cerco di slegarmi dalle rime e dalle strutture dei miei salmi, provo a battezzarmi nuovamente stendo in balcone il mio candore… ma nulla da fare. Io sono altro, non c’è storia fra me e te.

Tu sì che sai asciugarti bene dopo la doccia, sai ridere di ciò e farmi ridere accanto.

Davvero, non credevo potessi essere più bella di così.

Che bella che sei

31 Mar

Che bella che sei,

le tue labbra soprattutto mi fanno impazzire. Perdo ogni controllo, il senso del mondo nel quale cammino.

Di colpo, sei ogni cosa, il mio pensiero indossi e sento mentre mi calzi. Mi arresti coi tuoi occhi, dei quali sono schiavo, vittima incantata e complice.

Scorro la tua pelle pallida cercandoti, afferrandoti stringendoti con vigore. Perché mi piaci, dio mio. Quanto mi piaci. Non soffro l’attesa di te, non ho nostalgia del tuo corpo. E’ l’averti accanto che mi inquieta. Condividere l’aria che respiri, il suono della tua voce, lo spazio che i tuoi capelli cedono a me. Godere di te, del tuo petto del tuo viso, le tue labbra si quelle in particolare le tue labbra. Il tuo volto che tanto so.

Una bomba, mina nel mio stomaco, inquieto viverti accanto, vivere senza te.

Questa sera non sono uscito con te

26 Mar

Questa sera non sono uscito con te,

___ero alla festa di laurea di Francesca. Lasciavo le mie dita scandire le pause reggendo un flûte di sangria in una mano, sigaretta nell’altra. Io, Gianni e Francesca si discuteva del presente, un mezzo sorriso al futuro, un sorso ancora. Calato dal cielo si appresta un uomo dal naso piccolo, lievemente brizzolato, sulla quarantina e chiede di potersi scaldare le mani affianco a noi. Le dita gli si sono freddate eppure lui una volta era pianista, dieci anni di studio, ora collegando hardware adatto – dice – fa ottima musica elettronica. Il suo discorso non ha un principio, pare essere cominciato già alcuni metri prima di incontrarci, eppure per buona educazione non lo interrompiamo. Soffre da tempo di sinusite. Non posso fare a meno di cercargli il naso e domandarmi come sia possibile fare uscire muco da fori tanto minuti. Eppure garantisce che spesso ha di questi problemi e la roba gli scorre in abbondanza verso il labbro, oppure gli si ferma dritta in fronte e non ne vuole sapere di rendergli più facile la vita. Il calore, quello si che lo aiuta a liberarsi. Nessuno gli ha poi impedito di proseguire elencandoci i diversi centri termali dove ha cercato cura, a Parma in Romagna a Riccione.. Scusa devo rientrare, ho una scusa qualsiasi per occuparmi di altro e ti ringrazio se mi offri da bere ma sono a una festa di laurea.

___Ci fossi stata, ti avrei baciata senza altri pensieri. Eppure desideravo nuove pause, aspirare, bruciare, fumare. Da giorni vado a correre. Non corro per smaltire il fumo, fumo la sera per non obbligarmi a essere del tutto sano. Eppure quell’uomo (che chiamerò Paolo) è ancora là sulla soglia, come un check-point col suo amico (che chiamerò Marco). Fumano, bevono e si parlano il discorso di anni e anni. Paolo non fuma, occupa le labbra in discorsi abilmente concatenati, con un argomentare tanto serrato da non concedere pause a chi, come me, ne cerca. Inevitabilmente mi lascio irretire nuovamente e m’incaglio al suo tavolo. Ha insegnato a lungo matematica, adora la fisica teorica.. uh, maledetta sinusite.. mi indica il suo amico, ah lui si che sa scrutare le donne: ha studiato psicologia. Già, le donne. Paolo, si chiama Paolo?, ne ha trombate parecchie e a quarantacinque anni ha un sacco di esperienza di come si monta una femmina. Di occasioni ne ha sempre, l’altro giorno in un pub una francese quasi gli metteva la lingua in bocca. Però cerca una storia seria.

La sigaretta l’ho finita, dopo aver aspirato le sue morbosità non ho alcun motivo di intrattenermi ma, beh, Vedi lui? Ciao sono Marco, ciao Fabio, sai ho studiato psicologia. Si, molto interessante. Paolo mi ricorda che c’è chi studia come ipnotizzare le persone e affascinare le donne. No, non è il suo caso, però c’è gente che si fa pagare molto per insegnare di queste cose. Urca! Però ora rientro, grazie della discussione.

___Tu non c’eri e il locale dentro me era vuoto. Se non posso stare in tua compagnia, ho deciso, voglio poter sentire ancor più la tua mancanza. Non ho voglia di fumare e di parlare con quegli avventori logorroici, dunque esco parlo con loro e fumo. Vuoi? Grazie, ho le mie. No, fuma queste sono svizzere. Eccomi di nuovo. Che sto facendo? Mi ricorda di quando a tutti i costi volevo parlare coi testimoni di Geova o coi mormoni per confrontarmi, per confutarli con pazienza e costanza.. Ma quei due nuovi amici al tavolo non hanno prediche da espormi.

E invece si. Marco dice che siamo angeli, lui è uscito da un tumore e da allora vuole predicare il bene. Scusa, ma che mestiere fate? Guidano limousine per vip, politici e professori. O bella, mi siedo. Paolo s’è lasciato con la fidanzata dopo dieci anni; si era accorta che lui la trombava senza chiederle altro e ora lei sta con un gioielliere. Si è iscritto a diciotto euro l’anno a un servizio online di incontri d’amore e cerca una storia seria, che di scopatine se ne è già fatte troppe. Marco si è sistemato con una prostituta brasiliana – Ehi, sai Fabio che hai la faccia di una persona buona? Fai bene, bisogna saper amare gli altri – l’ha sposata. Ha pure accolto in Italia un suo amico del Brasile salvo poi accorgersi che si trombava appunto sua moglie, tanto è vero che ora hanno pure una bimba assieme quei due. Per disprezzo – vuoi una sigaretta? No grazie ho già fumato – ha pagato il viaggio di ritorno del cornificatore in Brasile con la piena intenzione di ammazzarlo. Guardando più volte il frigo, dove lo avrebbe conservato, ha aspettato alcuni giorni il momento. Poi invece è tornato a Parma.

___Se dentro il locale Francesca festeggia, piove una tristezza amara sulla soglia, di quelle on the rocks, con gin e limone. E sul limite mi sento pure io, che ti desidero senza averti, che vorrei ora anche ciò che non sei e dunque ti fumo. Ora il loro incessante dialogare non mi da’ più fastidio, prendo e mi siedo con loro. Con convinzione. E dialogo anch’io, ribatto, porto nuovi argomenti, cazzo se sono in un vortice verso l’abisso voglio poter danzare anch’io! Noto con piacere che sono molto felici che mi sia fermato ad ascoltarli, sono loro stessi a dirmelo con schiettezza. Prima di declinare l’invito a proseguire la serata in altro luogo, gli auguro felicità. Ma io debbo andarmene, che ho una vita da far fiorire. Paolo mi consiglia un libro di una quindicenne fatta a pezzi e chiusa in un bunker, Marco mi fa vedere un suo recente filmato amatoriale di una donna che gli succhia il cazzo, stringo loro la mano e me ne vado. Ma si, ci rivedremo dai..

Tornando a casa in bici non tocco terra, perché ti penso.

La dichiarazione

22 Ago

Registrata alla bell’e meglio, qui proposta nella sua prima e unica versione, “La dichiarazione” di sicuro è un brano escatologicamente irrilevante con obiettivi meramente materiali. Un’avance più che una canzone.

Il componimento qui proposto intende accattivarsi le simpatie sessuali del pubblico presente in sala esplicitando chiaramente il desiderio dell’esecutore nonchè la propria disponibilità a concedersi più o meno nell’immediato. Infatti spesso pare che il cantante, dal palco, ammicchi e faccia moine per ingraziarsi il pubblico lasciando intendere che tutto ciò faccia parte dello show, perchè lo spettacolo deve essere provocante. Tante volte invece non è così, è tutta una scena.

Bene, mediante l’esecuzione di questo brano il cantante vuole essere molto chiaro sulla sua completa disponibilità. Senza lasciare adito a dubbi o perplessità che potrebbero ingenerarsi nelle ipotesi maiale di un pubblico eventualmente ben disposto.

Recorded by FdB

Lyrics:

Segui la fantasia
no, non mi importa chi tu credi che io sia
non ti sei accorta, da quando è cominciata la melodia
io ti ho desiderata Sweetheart.
My lady, me la dia.
Le sembra volgare un po’, ma via via..
appoggio l’orologio sulla scrivania
e fermeremo il tempo Sweetheart.
 
[Rit.] E se ci vuoi tutti insieme, oppure la metà
E se il tuo imene non è come anni fa
segui l’armonica,
la notte è magica Sweetheart
 
Come la sodomia,
non te l’aspettavi. Questa sera è tutta tua (tu, tutta mia!)
due ciarlatani che non cambiano mai idea.
Tu fallo per piacermi Sweetheart.
 
[Rit.] E se ci vuoi tutti insieme, oppure la metà
E se il tuo imene non è come anni fa
la nostra musica,
è il letto che cigola Sweetheart.
 
[Bridge] Ho liaison d’amore, devo andare via è una promessa
non so perchè l’ho messa in questa sciocca melodia.
Tutti insieme o metà,
non perder l’occasione questa è una dichiarazione… Sweetheart

http://www.

Ryoutube.com/watch?feature=player_embedded&v=xhtHMDAEir8

Il desiderio

30 Giu

Il desiderio, la passione, il sapore soprattutto. Il gusto del proprio partner, una sensazione unica. Ogni uomo, ogni donna ha un sapore. Se davvero possiamo affermare di aver piena coscienza della realtà attraverso l’escursione dei nostri sensi, possiamo sostenere che il gusto sia una sensazione fondamentale a cui far riferimento.

     A volte capita di ricordare un gusto, un sapore dal nulla, semplicemente facendo digredire la nostra memoria. Ricordiamo il sapore della nostra prima sigaretta, il piacere della gola provato quel giorno con quel piatto preparato in modo assai accurato. La memoria che conserviamo non si ferma alla sola immagine, ma si sostanzia spesso in veri e propri sensi d’olfatto. Devo dire che più volte mi è capitato di sentire nuovamente un odore (quasi un sapore) che posso annettere al mio primo amore delle elementari. Si tratta in questo caso di praline argentate al gusto dolciastro, che a loro volta mi ricordano un profumo profondo. Di quei nitori dei bei tempi che furono. Nella loro profondità, perché in fondo si tratta di una vera e propria immersione nei ricordi passati, ricordo tutt’ora l’ampiezza di tale sensazione. Nonostante l’odore non mi appaia realmente definito, il ricordo stesso ha una funzione evocativa. Del mio primo amore non ricordo per davvero il suo odore. Ricordo soprattutto la sublime sensazione che provavo rievocando quell’odore. Sarei capace di riconoscerlo fra cento. Se la provassi ora, tornerei con la mente a quel tempo, in quel luogo. Ritrovo a volte il sapore della mia prima sigaretta, fumata in riva a un fosso, una  Marlboro. Quel sapore giuro non lo scorderò mai. A volte lo provo ancora, fumando od odorando il tabacco combusto di un passante. Lo sento, è quella Marlboro che fumai in gioventù. Ma il sapore della mia donna, il suo odore, è davvero unico e sono capace di provarlo solo in sua presenza.

    Godo di altre sensazioni, ogni volta che vivo e trascorro il mio tempo fra la gente, ma il sapore suo non solo lo riconoscerei fra mille. Il sapore suo mi riporta in un esatto istante, mi colloca in un attimo in cui ci siamo solo io e lei, solo lei a mia disposizione e io a poter disporre di tanta deliziosa portata. La sensazione che provo, prima che di gusto è di realizzazione interiore. Gustandone il sapore mi ricordo chi sono e cosa sto facendo. Ricordo di me, del fatto che vivo e percepisco sensazioni. Quando gusto, non solo so cosa sto facendo ma provo esattamente la consapevolezza del mio ruolo, acquisendo così una mia precisa identità.  Più assaporo, più mi conosco. Più godo delle sensazioni del gusto e dell’olfatto più comprendo il mio ruolo. Mi travolge dunque la passione perché sono trascinato dal desiderio di capirmi più a fondo. Ma è lei a carpirmi più a fondo.

     Sono al suo servizio, sono uno strumento nelle sue mani. Io sono me stesso, ma quando scopo sono un puro strumento di piacere. Servo. Soddisfare il suo piacere è per me l’unico motivo per cui agire. Sono funzionale, la mia natura è del tutto contingente. Ho un solo compito, e desidero impegnarmi e spingere ancora più a fondo perché avrò completa realizzazione solo nel suo orgasmo. Tale è il mio piacere. Sono un essere umano e come tale purtroppo posso godere solo di alcune limitate sensazioni. Tra queste c’è il gusto e l’olfatto, c’è la piena assunzione della mia partner. Mentre l’amo, me la gusto come fosse un gelato, una squisita pietanza. E l’eiaculazione non mi soddisfa se non è desiderata. Posso sborrare quando voglio, so farlo anche in pochi minuti se necessario. Ma se spruzzo il mio seme è perché so bene dove farlo cadere. So che pure lei sente le mie medesime sensazioni. Lo so perché siamo uguali. Col tempo e con l’esperienza ho imparato ad accettare i mie odori e i miei sapori, e i suoi. Col tempo, ho appreso che non esiste amplesso senza un reale coinvolgimento dei sensi. Per questo tiro fuori la lingua, per questo mi attardo sulla sua pelle. Non mi frega se dolce o amaro , è il sapore di lei e tanto mi basta. Son capace di provare un orgasmo in qualsiasi momento, anche adesso se voglio. Son capace di spruzzare su ogni superficie se me lo chiede. Ma il sapore della sua pelle, il suo odore, sono il mio vero piacere. Io non esisto se non nelle mie sensazioni. La conosco con la bocca, fiutandola ovunque. Se facciamo l’amore mi riassumo, mi riduco a semplice esploratore. Perché conoscerla è tutto ciò che desidero. Voglio poter disporre di ogni sua parte nel migliore dei modi, come più le può fare piacere.

    Se scrivo queste parole è perché trovo un senso profondo non solo nell’amare una persona, ma nel conoscerla davvero. E forse la persona che cerco sono io e, esercitando i miei sensi, provo a conoscermi più a fondo. Su di lei esercito i miei sensi, conosco, comprendo me stesso. Mordo, assaggio, succhio, lecco, annuso, mi lascio trasportare dalle sue curve e dalle mie sensazioni, che sono tutto ciò che possiedo.

Del downblouse

29 Giu

Molti hanno un particolare preferito della figura femminile: io adoro le labbra. E allora perché scrivere del downblouse? Perché la scrittura erotica, prima di vedere, immagina. E mentre le labbra sono già nude e scoperte, il downblouse è una tecnica d’immaginazione che solo a volte trova un’applicazione pratica.

La jeune fille endormie (Balthus, 1943)

La jeune fille endormie (Balthus, 1943)

Per cominciare, una rapida descrizione di questa pratica antica e diffusissima. Il downblouse consiste principalmente nello scovare il capezzolo scrutando fra le intimità del petto di una donna.

    Le ascose cime della fanciulla (o della signora) sono di norma poco accessibili, ben racchiuse in un normale reggiseno che contiene i due preziosi pendant, che quando non servono ad allattare hanno la sola funzione di attrarre la popolazione maschile con efficacia garantita. Ben inteso, ogni seno è interessante e molte ragazze ancora non lo comprendono ma nascondono un tesoro.

La gara delle tette grosse sempre più grosse e del pene lungo sempre più lungo ha ormai consumato i metri da sarto e i righelli della scuola, ma d’altra parte la tendenza a desiderare qualcosa di diverso da ciò che già si ha (o si è) è la desolante condizione esistenziale di questa bastarda umanità. Eppure spesso siamo più preziosi di quanto possiamo percepirci.

Ma chi pratica downblouse non è un semplice voyeur delle tette. Si tratta di un doppio godimento, oggettivo e soggettivo. E’ il piacere di poter apprezzare non solo il disegno delle mammelle, la forma della coppa del seno, la dimensione dell’areola, la carnosità della loro punta ultima espressione di tanto sensuale trionfo. E questa è la parte oggettiva. A ciò si aggiunge quindi la parte soggettiva, ovvero la soddisfazione intima ed eccitante di aver conquistato una meta inarrivabile ai più.

Come lo scalatore alpino, l’appassionato di downblouse conquista le proprie cime non ottenendone nulla se non una colossale soddisfazione, forse data anche dalla consapevolezza che l’aver superato un sentiero tanto impervio fra le scollature di una canotta, dall’alto verso il basso o fra le aperture di una manica, ha reso la donna osservata più nota e quindi più vicina, ha allontanato le distanze morali e convenzionali. Mi è capitato personalmente di aver provato più simpatia, più sintonia con una ragazza dopo averle conosciuto i capezzoli.

In fondo è un processo di conoscenza. Mentre queste esuberanti manopoline fanno capolino, mal celate dalle coppe rigide di un reggiseno distratto, sembrano occhieggiare sornione e salutare il nuovo arrivato. Ciao!

    E che dire della lenta danza di schiene sinuose, occhi che si rincorrono, mani che proteggono… accade pure che sia un vero e proprio ballo a due.

In questo risiede la tensione erotica, in un’immaginarsi cose possibili. Il dirompente disincanto del pensiero erotico libera lo spirito permettendogli di immaginare che possano accadere cose inverosimili. L’erotismo non è solo una fantasia, ma ha anche applicazioni pratiche.  Il downblouse per esempio.

Il Tiramisù

16 Giu

Mi piace molto il tiramisù. Ogni volta che lo vedo o che ne sento il profumo, lo vorrei.

Ogni tanto mi capita di immaginarlo e di pensare come sarebbe se potessi affondare i miei denti in quella morbida superficie. Vorrei immergerci la faccia. Inserire il cucchiaio, strofinarne le pareti e non trascurare nulla della dolce pietanza.

Il tiramisù mi riempie la bocca, ogni assaggio ne chiama un altro. Non credo di sapermi contenere. D’altra parte, quando una cosa piace… Normalmente mi astengo sui dolci. Capita spesso che rinuncio alla portata, e magari passo direttamente al caffè, o all’ammazzacaffè.

Ma se un dolce è buono, dico io, perché negarselo? Sarà una botta di zucchero forse, sarà un turbine di colesterolo, non m’importa se può farmi male. So che lo voglio e basta.

Mettici scaglie di cioccolato, la panna, lo zucchero a velo… io punto dritto alla sostanza. Se so di essere nei pressi del tiramisù sento in me crescere la voglia di poterlo gustare. Se non apro la sportella del frigo e me lo prendo è solo perché so che non si tratta di un piacere fine a se stesso. Infatti abbuffarsi di un dolce solo perché è al tuo cospetto, inerme, vulnerabile non dà particolare soddisfazione se non per il golosone prepotente.

Io preferisco guadagnarmelo a poco a poco, accarezzo l’idea di passare l’intera cena discorrendo e bevendo vino con in testa il dolce pensiero di un lieto fine. Come il Giudizio Universale, si tratta della sublimazione di un percorso voluto fin dall’inizio. So che è inevitabile. So che posso anche legarmi al letto, ma non resisterò alla tentazione di prenderne un morso. Ci sono cose, che fan parte della mia natura, alle quali non so oppormi.

Fremo al pensiero di poterne assaggiare di tanto in tanto, di tornare a godere di ogni suo singolo ingrediente.  Infatti posso percepirli uno a uno. Mi soffermo a lungo assaporando la consistenza dei suoi biscotti bagnati, che rilasciano caffè ad ogni mio morso. Socchiudo gli occhi e assisto alla sinfonia di panna, uova e mascarpone. Fra le luci soffuse del teatro del mio palato, coi denti ad assistere e la lingua a dirigere l’opera. Un caos contenuto, un piacere intimo.

Il tiramisù in genere me lo faccio fare. Aspetto sempre il momento del tiramisù.

La Felicità

15 Giu

Ho trovato un pacchetto per strada, ma non so se l’aprirò.

Una scatola molto bella, direi perfetta nei suoi contorni. Ogni cosa ora mi sembra al suo posto, ho trovato l’equilibrio, l’armonia, la pace per questo mio spirito mai domo. L’ho cercata ovunque e non sapevo che l’avrei trovata per caso. Quanto affanno per saperla immaginare, per scovarla fra gli anfratti. Prima che mi capitasse fra i piedi ero fermamente convinto, dico il vero, che l’essenza profonda del mio desiderio stesse nella ricerca stessa e non nell’oggetto da me desiderato.

Eppure ora l’ho davanti, la realizzazione di un sentimento. Una scatola impacchettata chissà da chi e chissà perché. E chissà cosa contiene. Non importa, mi piace. Ne sono certo.

Sono davvero sicuro che mi possa bastare quel che ho trovato? Non sarà forse l’ennesima svista? Eppure sono ancora fermo a contemplarla, e neanche mi azzardo a toccarla, non mi avvicino.

Potrei scartarla, aprirla, afferrarla con le mani e lacerarne il pacchetto che la contiene. Eppure mi pare così bella d’aspetto per deturparne le virtù…

Perché ti ho vista? Quale destino, il mio e il tuo, ha voluto entrambi a questo appuntamento?

Camminavo noncurante del mio fardello d’ignoranza, tronfio e supponente, certo di aver colto il senso del mio camminare. Procedevo in avanti sicuro di potermi alzare lentamente dal suolo e prendere il volo. Non avevo ancora compreso che non fosse il cielo, bensì l’abisso la mia meta.

Dentro questa scatola io mi perdo, vago, non ne conosco i confini. Solo il pacchetto esterno. Eppure così sublime. Non ho parole, guardo e basta. Solo a prenderla fra le mani mi chiedo se son degno o se dovrei riporla in un luogo più consono. Sulla schiuma del mare, per esempio.

Forse nasconde la sua parte più vera. Cosa si cela all’interno di tanto preziosa conchiglia? Voglio aprirla con le dita, infilarci il naso, desidero scrutarne ogni angolo. Non me la porto a casa, la scarto qui.

Eppure tanta perfezione estetica inibisce i miei sensi. Chi sono io per turbare tanta bellezza? Mille volte la vorrei guardare, piuttosto che svelarne subito il mistero. Eppure sono un uomo, e infine so che vorrò violare. Cedo sempre ai miei sensi, e so di meritare il baratro se mi spingo tanto in alto da raggiungerti.

Ma ora so cos’è la perfezione. Per me, l’abbandono completo dai sensi che mi trattenevano da questo salto nel vuoto. Per te, il poter essere esattamente così. Aponia, atarassia.